La ricerca che le Associazioni Parkinson del Veneto hanno presentato al convegno del 14 dicembre 2019 a Vicenza, rappresenta una importante fase di un processo iniziato nel settembre del 2015, quando a Mestre Venezia si è costituito il “Tavolo Parkinson”, fondato dalle sette Associazioni Parkinson provinciali del Veneto.
Il quadro di riferimento al quale si ispira il Tavolo Parkinson è la promozione del diritto alla salute dei malati di Parkinson, sancito dall’articolo 32 della Costituzione Italiana: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività […]. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.
LO SCOPO E Alcuni dati della ricerca
La ricerca condotta dalle Associazioni Parkinson provinciali del Veneto ha avuto lo scopo di individuare le condizioni di vita, ricostruire le esperienze quotidiane e le tonalità emotive che caratterizzano l’esistenza delle persone malate di Parkinson e di coloro che se ne prendono cura.
Con questi obiettivi, sono stati sottoposti a 421 partecipanti, 193 dei quali caregiver e 228 malati, delle domande destinate a registrare le loro risposte su temi come:
– la malattia
– i rapporti sociali
– i rapporti con i servizi sociali e sanitari
– il rapporto con l’associazionismo e reti di solidarietà.
La percezione della malattia di Parkinson
La prima domanda del questionario faceva riferimento in maniera diretta ed esplicita alla percezione della gravità della malattia sperimentata dal paziente o a lui attribuita dal caregiver.
I partecipanti potevano scegliere una delle tre modalità di risposta: lieve, moderato, severo.
Nel questionario proposto ai caregivers la domanda era così formulata: Quale è lo stadio attuale percepito della malattia dal suo assistito?
Rispetto a tre livelli di gravità questi sono stati i valori di frequenza percentuale ottenuti dai partecipanti, a seconda della loro condizione di pazienti o di caregivers.

Nella stessa direzione vanno i dati che collegano la gravità percepita alle difficoltà che il caregiver manifesta nell’assistere il malato, con gli aiuti ricevuti dal paziente e gli aiuti che il caregiver è disposto a portare al paziente.
In generale, la quantità di attività e di supporti che i caregiver valutano doverosi e opportuni per essere d’aiuto ai pazienti e la percezione che i pazienti manifestano nei confronti degli aiuti ricevuti mette in luce una differenza significativa. I pazienti, infatti, percepiscono in maniera più ridotta il grado di aiuto ricevuto dai caregivers, i quali invece percepiscono più positivamente gli aiuti indirizzati ai pazienti.
Come valutano la propria esistenza una persona con il Parkinson e un caregiver?
Un problema più di tipo generale, che rimanda alle possibili relazioni tra le diverse variabili, nasce dall’analisi delle risposte fornite dai pazienti e dai caregiver ad una delle ultime domande del questionario.
Alla domanda Complessivamente, in che misura è soddisfatto della sua vita?, questa è stata la distribuzione delle risposte da parte delle due categorie di partecipanti.

In che misura il giudizio espresso dai partecipanti è l’espressione più prossima della gravità percepita della propria condizione? Il dato che più è interessante riguarda il confronto pazienti e caregiver nell’esprimere valutazioni a proposito della propria esistenza.
Mentre nel caso dei pazienti il giudizio più frequente è abbastanza soddisfatto, nel caso dei caregiver il giudizio più frequente è per niente soddisfatto. In pratica, una possibile interpretazione di questi dati può suggerirci che mentre i pazienti manifestano una tendenza ottimistica nel valutare gli esiti della propria esistenza, i caregiver mostrano di essere consapevoli del carattere degenerativo della malattia di cui sono portatori i propri assistiti.
due considerazioni
In generale, i dati della ricerca suggeriscono una serie di riflessioni riguardanti la difficile inclusione delle persone con disabilità nel contesto sociale e spesso anche lavorativo.
Risulta inoltre che un anello debole del sistema è costituito dal caregiver, ossia da colei (nell’80% dei casi si tratta infatti di donne) che presta cura e attenzione in prima persona al malato di Parkinson: senza limiti di orari, spesso senza indennità accompagnatoria, ed in gran parte senza l’ausilio ed il sostegno di nessuno, a partire dalla sanità pubblica.
Le azioni da sviluppare per il futuro
Lo studio evidenzia che le azioni fondamentali da sviluppare a favore dei caregiver sono da una parte una sempre maggiore informazione e formazione, dall’altra un attento e mirato supporto psicologico.
Altro elemento di approfondimento è risultata essere la gestione del territorio attraverso una forte spinta del servizio a domicilio.
Ultima, ma più importante delle altre necessità, è risultata essere la mancanza di coordinamento degli specialisti, dei medici e degli operatori sanitari che prendono in carico il malato e la sua famiglia. In questo campo il percorso da fare sarà lungo, ma qui sta il nodo che dobbiamo sciogliere se vogliamo fare un passo avanti nella gestione efficace di questa malattia.
Sono tutte cose interessanti quelle che proponete ma il grosso problema di questi ammalati è la distanza dalle associazioni , chi abita in città ha tutti i mezzi per arrivarci ma chi abita nei paesini è un po’ abbandonato alla famiglia , sempre se ce l’ha. Mio marito ha il Parkinson da vent’anni è andata discretamente fino a 5 anni fa, ora è difficile anche per me seguirlo , lo porto dove ci sono le varie terapie per migliorare la postura l’equilibrio ma comunque per arrivare a queste strutture devo fare circa 60 km. Ora ho optato per un fisioterapista a domicilio , anche in questi casi la spesa è abbastanza elevata. Vorrei solo fare presente che bisogna pensare anche al sostegno di questi ammalati costruendo centri riabilitativi con soggiorno e non chiedere cifre da capogiro per poterli curare . La fortuna di mio marito è quella di avere trovato un bravo neurologo sempre disponibile e una famiglia che non lascia nulla di intentato da vent’anni! Grazie per tutto quello che riuscite a fare per questi ammalati
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Grazie Lucia per le tue considerazioni, che condividiamo.
Come avrai letto, la ricerca sottolinea l’esigenza di una forte spinta verso i servizi a domicilio. Questa ed altre istanze sono state indicate all’assessore regionale alla Sanità e ai Servizi Sociali nel corso del convegno in cui la ricerca è stata presentata.
Gli stessi dirigenti delle Associazioni Parkinson del Veneto hanno indicato ulteriori strategie per affrontare la malattia in modo efficace, senza pesare interamente sulle energie e le risorse economiche dei familiari. A breve pubblicheremo un video in cui gli stessi dirigenti denunciano la situazione attuale e si fanno promotori delle esigenze di tutti coloro che, come te, condividono una condizione di malattia.
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Vivo a San Giuseppe di Cassola sono in cura per parkinson da più di un anno… Purtroppo nella zona del bassanese non ci sono strutture o associazioni che possano aiutare a vivere questa patologia che risulta essere una vera condanna alla sofferenza… Mi auguro di poter incontrare e trovare un qualche appoggio che mi dia un po’ di sollievo a sopportare… Orlando Nicolò
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Grazie, Nicolò, per la tua segnalazione. Siamo solidali con te: sappiamo quanto la mancanza di strutture adeguate per le persone con Parkinson possa aggravare ulteriormente la loro difficile condizione.
Per quanto consapevoli che per te possa rappresentare solo un contributo a distanza, nelle news che pubblichiamo nel nostro sito (abbiamo visto che ti sei iscritto…) potrai trovare informazioni e occasioni di incontro che potrebbero esserti utili.
Ti segnaliamo anche la nostra pagina Facebook, a questo link: https://www.facebook.com/AssociazioneParkinsonPadova
A nome dell’Associazione Parkinson Padova, un saluto di incoraggiamento!
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